TERAMO – Impianto di stoccaggio rifiuti posto sotto sequestro dal Noe, nel teramano, e cinque persone – tra titolari e dipendenti di un’azienda – arrestate per reati che vanno dall’associazione per delinquere al traffico illecito di rifiuti e illecita concorrenza. L’operazione è stata eseguita con il concorso dei carabinieri nelle province di Teramo e Chieti, in esecuzione di un provvedimento del Gip del Tribunale dell’Aquila, Giuseppe Romano Gargarella, su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica della locale Direzione Distrettuale Antimafia, David Mancini: L’attività investigativa svolta dal Noe si è protratta da giugno 2011 alla fine del 2013. L’indagine riguarda raccolta, trasporto e stoccaggio di olio vegetale esausto, per l’accusa effettuato in maniera irregolare con profitti per gli indagati e consistenti perdite economiche per le ditte concorrenti. Tra i reati contestati, l’associazione per delinquere per commettere una serie di reati in materia di rifiuti e contro il patrimonio ai danni di aziende concorrenti. In particolare, il titolare della ditta di raccolta, di Mosciano Sant’Angelo, avrebbe operato in qualità di organizzatore, promotore e capo mettendo a disposizione e utilizzando la sua impresa, spazi e dotazioni aziendali, mezzi di trasporto per compiere, personalmente o attraverso i suoi dipendenti, i reati contestati. In carcere l’imprenditore di origine campana ma residente a Giulianova, Carlo BenincasoAnna Milone, collaboratrice dell’azienda ed i dipendenti Luca Ansidei, di Giulianova, Franco Costanzo, di Notaresco, Massimo Aquilano, di Ortona (Chieti). Le indagini sono partite dalle denunce di quattro ditte concorrenti, due delle Marche, le altre delle province dell’Aquila e di Teramo. Si stima che le attività degli arrestati abbiano causato a queste ditte una perdita economica annuale di almeno 200.000 euro, in termini di minori quantità di rifiuto raccolto, rifiuto che viene reimmesso sul mercato per essere recuperato per la produzione di carburante biodiesel. Secondo le accuse, inoltre, per acquisire quote di mercato, titolare e dipendenti dell’azienda teramana non solo sottraevano con vari espedienti l’olio dai contenitori stradali (le cosiddette campane) usati per la raccolta pubblica o agli esercizi commerciali e di ristorazione che avevano contratti esclusivi con altre ditte concorrenti, ma gli autisti di tali ditte venivano pedinati, per rubare loro le chiavi dei mezzi, oppure le gomme dei mezzi venivano danneggiate.
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