TERAMO – L’Unione degli studenti universitari torna a far sentire la propria voce per criticare ancora una volta il metodo utilizzato nella nomina di due rappresentanti nel Cda dell’Ateneo e dell’Adsu. Nel ricordare che tali nomine si sono rese necessarie perche i precedenti due eletti non avevano i requisiti, l’Udu annuncia la decisione di non presentare più candidature, «rilanciando ancora una volta l’esigenza che gli organi debbano essere eletti direttamente da tutti gli studenti, e non da un consiglio ristretto che denota assenteismo e scarsa pubblicità delle sedute. Tale situazione di deficit democratico all’interno del nostro Ateneo è stata più volte sottolineata in passato, anche al Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, in occasione della sua visita presso l’Università di Teramo». Il riferimento è alla famosa "lettera d’intenti" che quegli studenti interessati alla candidatura sottoscrivono e che è alla base della nomina da parte del Consiglio degli studenti. «Come era prevedibile – scrive l’Udu – il risultato è stato lo stesso anche a questa tornata, e la scelta è ricaduta ancora una volta su studenti espressione della maggioranza del Consiglio. Alla luce di ciò, o non sono pervenute altre lettere d’intenti, complice la scarsissima pubblicità che informa tutto il procedimento di candidatura, oppure che le altre lettere d’intenti non sono state prese minimamente in considerazione, come del resto è accaduto nella tornata di marzo». Per l’Unione degli studenti universitari «viene spontaneo un interrogativo: come può una "lettera d’intenti" che richiede soltanto le generalità e lo stato di iscrizione di uno studente fornire elementi di valutazione utili per stabilire chi sia più appropriato a ricoprire un determinato incarico? E’ palese la fallacia di un mezzo che, oltre a tentare di mascherare da elezioni quelle che di fatto sono mere nomine, non consente neanche una valutazione concreta sulle qualità e sulle competenze dei candidati. Lo dimostra del resto il fatto che è stato eletto come Consigliere d’Amministrazione chi affermò in più occasioni, e in particolare in risposta ad uno studente che reputava troppo esoso il contributo di facoltà, che chi non può permettersi di pagare la retta dovrebbe lasciare l’università e andare a lavorare».
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