TERAMO – E’ stato un flop, ormai non più una novità per le (poche) iniziative dell’assessorato alla cultura di Teramo. Ma dirlo oggi è scontato e demagogico. Si sapeva da tempo (per la caratura dell’artista individuato) e da due giorni (per il maltempo) che il concerto di Marina Rei non avrebbe fatto strappare i capelli ai teramani e che piazza Martiri non avrebbe offerto il colpo d’occhio degli ultimi anni a San Silvestro. Insomma, per i critici dell’ultima ora si è trattato di un calcio di rigore, a loro è piaciuto vincere facile. Solo per l’amministrazione comunale – riunita a testuggine davanti a un fortino diroccato, convocata a forza con sciarpe, guanti e cappello a far finta di ballare una musica improponibile a difesa di una scelta indifendibile -, solo per l’amministrazione comunale questo Capodanno sarà stato, nei commenti delle prossime, comunque una cosa che andava fatta. Non era il caso di farlo il Capodanno teramano. Senza dover ammettere una sconfitta, magari sfruttando l’occasione di una ‘manna’ piovuta dal cielo – è il caso di dirlo – sotto forma di neve e solidificatasi in ghiaccio. Non è importante se ieri sera in piazza ci fossero 300 o poco più spettatori ‘ibernati’. Fossero stati anche 3mila, il successo di una manifestazione di misura da un’attesa, da un consenso, da una partecipazione che quest’anno i teramani non hanno dimostrato di avere: il gelo delle ultime ore è stato solo scusa in più per chi doveva continuare a sostenere attacchi politici o mediatici e gridare allo scandalo di quanto, poco o tanto, sia stato speso per mettere su quel palco della delusione. Piuttosto, fa ancora più rabbia dover registrare ancora una volta la spocchiosità di un cantante che utilizza il palcoscenico e i soldi dei teramani per arringare e non piuttosto per tenere un profilo basso dissimulando il suo cammino sul viale del tramonto artistico. Quel "mosci" irriverente al manipolo di spettatori che erano arrivati per ascoltarle e festeggiare, Marina Rei avrebbe potuto risparmiarselo. Avrebbe fatto meglio a ringraziare l’esistenza di un assessore alla cultura, almeno uno in Italia, che ha deciso di ricordarsi di lei per tenere a battesimo l’ennesimo flop della sua giovane e (ci si augura) breve carriera.
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