TERAMO – Se non fosse chiaro dall’eloquente 63% che sintetizza il rapporto dei danni tra il Teramano e il resto dell’Abruzzo, per capire cosa è stato il terremoto a Teramo si può leggere un altro dato: in 18 giorni dalla scossa del 30 ottobre, il sindaco di Teramo ha firmato 290 ordinanze di sgombero delle abitazioni, 80 soltanto negli ultimi 4 giorni, 226 totali e 64 parziali, che hanno reso 933 persone dei senzatetto, chiamati all’improvviso a cercarsi un’altra sistemazione, sia essa autonoma che in albergo. Il sisma non ha risparmiato nessuno, dai cimiteri, 12 su 16 dei quali ancora chiusi, edifici pubblici come la prefettura, il comune, la camera di commercio, parte dell’Inps e della Asl, della casa di riposo, il museo archeologico e la sede Arta, il giudice di pace e il centro di igiene mentale; ha infero colpi mortali a 23 chiese, quattro delle quali sono in evidente rischio di crollo, ha imposto sigilli a scuole in pietra come le storiche Savini e San Giuseppe, lesionato almeno altre 16 e costretto alunni e studenti a tre settimane di vacanza forzate. Ci sono 23 frazioni che hanno avuto almeno una casa inagibile, con Valle San Giovanni, Forcella, Villa Ripa, Frondarola e Rapino a contare una lunga lista di sgomberi, trasformati in paesi fantasma. Quartieri come la Cona, Piano della Lenta e il centro storico sembrano bombardati come in guerra, e sono una cinquantina le vie interessate da edifici lesionati, transennati o inagibili. E intorno, nella Provincia, il quadro è ancora pià desolante, con gli oltre 600 sfollati a Montorio, che conta il rapporto peggiore tra senza tetto e numero di abitanti, i 350 di Crognaleto, i 260 di Torricella, i 170 di Castel Castagna, Campli e Cortino, che sommano alla fine a oltre 3.500, il 96% di tutti quelli assistiti in Abruzzo. Numeri pesanti, come pesante è il fardello delle verifiche che porteranno questi numeri ad aumentare inesorabilmente: finora soltanto il Coc di Teramo ne gestisce 2.700, altrettanti i vigili del fuoco.
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