TERAMO – Ufficio stampa della Regione e media web sotto accusa per aver diffuso un ingiustificato allarme sulla qualità dell’acqua del Gran Sasso, la cui portata di afflusso nelle condotte della Ruzzo Reti è stata sensibilmente diminuita da un provvedimento di sospensione della Asl di Teramo.
E’ vero che la tempistica scelta (dalla Regione) per rendere noto un provvedimento autorizzativo (la captazione da altra presa, nello specifico Venacquila e utilizzo del potabilizzatore di Montorio) ha ingenerato timori e apprensione circa il possibile inquinamento dell’acqua che scende dalla montagna teramana. Ma a partire da quell’informazione c’è stato un giro di verifiche da parte della stampa che ha portato, da un lato, a precisare che il decreto giungeva a oltre tre mesi dalla richiesta avanzata dal Ruzzo (di chiedere l’autorizzazione alla captazione delle acque altrove), dall’altro a scoprire che, non ieri, ma ai primi di settembre, come confermato questa mattina anche dal Ruzzo, un allarme acqua c’è stato.
Lo dice l’Acquedotto che oggi, con una nota, riferisce che «all’inizio di settembre, nelle captazioni del versante Aquilano, furono rilevate tracce di un Diclorometano,un solvente utilizzato spesso per rimuovere vernice eo grassi, ed anche nell’industria alimentare, seppur ampiamente sotto i parametri di legge. Prudenzialmente, sia Ruzzo Reti che il Sian della Asl di Teramo hanno effettuato analisi sul pozzetto di derivazione situato in prossimità del Laboratori di Fisica nucleare del Gran Sasso; tali analisi hanno confermato che non vi erano superamenti dei parametri di legge, ma, prudenzialmente, avendo le analisi del Sian evidenzia qualche lieve anomalia, lo stesso Sian ne ha disposto il non utilizzo fino a nuovo provvedimento».
Si ribadisce quindi che «non è mai accaduto che acqua contaminata sia stata immessa in rete e che i sistemi di controllo sia di Ruzzo Reti che degli organi preposti al controllo non consentirebbero il verificarsi di tale fattispecie». Bene. Meno male, aggiungiamo noi.
Il Ruzzo, unico Ente a intervenire sulla vicenda, stante l’assoluto silenzio dei Laboratori e della Asl, ci rassicura dicendoci intanto che quell’acqua con diclorometano è stata "messa a scarico" (dove? tanto per curiosità… all’sterno in zona Parco?) ma soprattutto che esiste un sistema – che a quanto pare per fortuna funziona – che rileva anomalie microbiologiche delll’acqua potabile per eventuali sversamenti dal Laboratorio.
Quindi volete dirci che ancora oggi, a distanza dal quel 2003, è possibile una commistione tra rete di scarico dell’Infn e la rete potabile dove il Ruzzo attinge?
E se i parametri sono sotto i limiti di legge, perchè perdura, a ditanza di tre mesi, ancora questa prudenza da parte della Asl a mantenere il divieto alla reimmissione di quell’acqua nella rete?
Domande lecite, altro che allarmismo. E forse sono domande che dovebe porsi e porre anche chi stamattina, si è affrettato a parlare di falso allarme e di equivoco.