GIULIANOVA – Quando la valanga li ha travolti erano seduti su un divanetto di vimini e in quel divanetto i vigili del fuoco hanno fatto un buco per tirarli fuori per i piedi. Giorgia Galassi e Vincenzo Forti, sono due degli undici ‘miracolati’, come si sono definiti i due poco più che ventenni di Giulianova, della tragedia dell’hotel Rigopiano. «Eravamo in sala thè, accanto al camino, come ci avevano consigliato di fare perchè quella era la parte più sicura dell’albergo: abbiamo sentito un boato, abbiamo pensato di nuovo a un terremoto ma in un baleno ci siamo ritrovati sotto alla neve». I fidanzati giuliesi uno spazzaneve lo hanno visto, quello che nel pomeriggio di martedì ha permesso loro di arrivare all’albergo, dopo una sosta forzata di circa un’ora per strada al blocco della polizia locale. Il mattino dopo il terremoto, sentito forte, che ha terrorizzato gran parte degli ospiti: «Io piangevo – dice Giorgia – ed alcuni signore mi rassicuravano». «Io avevo le valige in macchina – ha detto Vincenzo -, volevo andare via».
«Loro ci tranquillizzavano – prosegue Giorgia – e ci hanno detto di aspettare nella sala grande. Valanghe? No nessuno ci ha pensato e nessuno ce lo ha detto che poteva esserci il rischio». La valanga li ha trascinati in tre, sotto una bolla d’aria, loro due e Francesca Bronzi, la fidanzata di Stefano Feniello che non ce l’ha fatta: «Non vedo Francesca da quando ci hanno tirati fuori ma devo vederla al più presto. Penso sempre a lei, e mi sento morire, potevo essere io al suo posto». Cinquantotto ore trascorsi stretti l’uno all’altro («mangiavamo il ghiaccio e lo dividevamo», «abbiamo sofferto maledettamente la sete») soltanto nella prima ora con la luce del telefonino: «Non abbiamo mai avuto paura di non farcela – ripete Giorgia – non abbiamo pensato mai a questo sennò impazzisci. Sapevamo che qualcuno sarebbe comunque arrivato».
Nel buio solo le voci di Giorgia, Vincenzo e Francesca, ma anche «della moglie di Parente e del bambino e niente altro». E quando la voce è stata diversa, hanno sentit pronunciare “Mauro", «abbiamo urlato di gioia. Erano arrivati». E così "Checco" il pompiere toscano che li ha sorretti e parlato con loro, resta nei loro cuori un pò più di tutti gli altri: «La frase che ripeteva non la dimenticheremo: "noi siamo qui e non ce ne adremo fino a quando non vi portiamo fuori". E la prima cosa che abbiamo detto è stato il nostro nome: "sono giorgia – ho urlato e sono viva. Vi prego date i nstri nomi al campo base, ho implorato perchè sapvamo che i nostri genitori erano in ansia per noi». Come protagonisti di un film, un film che «ci ha cambiato la vita. Io pensavo di conoscermi – ha concluso Giorgia Galassi – e questa esperienza mi ha fatto apprezzare ancor di più la vita. Non potrebbe essere altrimenti, dopo aver abbracciato la morte».