TERAMO – La discussione sull’alinazione della partecipate, e soprattutto la decisione del Comune di vendere le quote della farmacia comunale, non trova la condivisione di tutte le forze politiche. «Non si capisce quale sia l’interesse pubblico, e non politico – dice ad esempio Gianguido D’Alberto, di Insieme Possiamo – alla base di una scelta “politica” che sconfessa una decisione voluta dai cittadini, nata dal territorio con migliaia di firme raccolte, e approvata all’unanimità dal Consiglio Comunale solo 5 anni fa, servizio sociale oltre che fonte di cassa». La scelta del Comune di «rinnegare le stesse ragioni che ne favorirono l’istituzione», penalizza ancor più un quartiere come Colleatterrato che fa i conti con lo spopolamento post-sisma: «Una volta dismessa, quale garanzia abbiamo che resti a Colleatterrato?», chiede D’Alberto, che sottolinea come «la partecipazione pubblica è una garanzia per la permanenza nel popoloso quartiere. Nel momento in cui verrà privatizzata nessuno potrà impedire una sua delocalizzazione».
La strategia decisa dall’amministrazione Brucchi è poco comprensibile anche sotto l’aspetto finanziario, secondo il consigliere comunale di opposizione. Il bilancio è in attivo (circa 100mila euro) e dopo una fisiologica flessione dovuta al sisma, i dati attuali indicano una ripresa: «Il piano economico finanziario prevedeva un trend crescente del fatturato che stimava una significativa crescita nei prossimi anni… e invece noi ora, per “non precisate” esigenze contingenti, ne usciamo!».
«Posto che non c’è interesse pubblico, qual è allora l’interesse politico? Vendere – ipotizza Gianguido D’Alberto – per esigenze di bilancio determinate dalla fallimentare politica del centrodestra teramano, alla stregua del regalo fatto alle compagnie telefoniche sui canoni delle antenne? Oppure, e sarebbe la cosa più grave ma anche più verosimile, per costituirsi un tesoretto da gestire politicamente in vista delle campagne elettorali alle porte?».