TERAMO – Fosse ‘lu sdijune’ l’elisir di lunga vita degli anziani abruzzesi? Se lo sono chiesto i ricercatori della Facoltà di Bioscienze di UniTe guidati dal professor Mauro Serafini, dopo aver scoperto ampie zone nell’entroterra del Teramano, Aquilano e Chietino, caratterizzate da un’alta frequenza di nonagenari e centenari. Abruzzo, dunque, ‘blue zone’, secondo la definizione di aree di longevità degli studiosi Gianni Pes e Michel Poulain, che andrebbe ad aggiungersi alle altre 5 zone del mondo "dove non si muore mai", secondo un felice slogan: Ogliastra, isola di Icaria in Grecia, isola di Okinawa in Giappone, Loma Linda in California e penisola di Nicoya in Costa Rica. La scoperta, basata sull’aggregazione di dati Istat, è di per sè occasione di approfondimento sociologico che ispira iniziative, se non investimenti, su larga scala, come ad esempio il settore turistico. Queste zone blu dove si vive più a lungo che in altri posti del mondo e dove in alcuni casi si registrano anche minori incidenze di malattie, sono diventate mete turistiche molto affollate, che ‘vendono’ un brand ambientale in cui trascorrere una benefica vacanza. Ma questo è il futuribile della ricerca, che pure va preso in considerazione. L’equipe del professor Serafini lavora però a un ‘dettaglio’ unico, che finora le blue zone non hanno approfondito: perché si vive di più? La traccia in Abruzzo o, meglio, nelle zone dei Parchi del Gran Sasso Monti della Laga, della Majella o della Marsica, induce a pensare che sia lo stile alimentare e per questo la ricerca punta a studiare le caratteristiche metaboliche, immunitarie e genetiche, incrociate con le abitudini alimentari e la valenza funzionale delle ricette tradizionali che hanno ‘allungato’ la vita di questi anziani del posto. Il risultato sarebbero linee guida finalizzate al benessere della popolazione attuale, oltre che modello esposto ad approfondimenti trasversali, di tipo sociologico, economico, turistico. Ecco perchè ‘lu sdijune’, che tradizionalmente era colazione pasquale dopo i due giorni di vigilia/digiuno del venerdì e sabato santi ma che in generale ha costituito il vero piatto forte quotidiano nelle campagne abruzzesi, diventa il primo ‘sospettato’ quale garanzia di longevità. "La sua caratteristica – ha spiegato Serafini – è di essere perfettamente in linea con le più recenti scoperte scientifiche che ci dicono che se noi riusciamo a contenere l’apporto calorico la sera, in linea con i ritmi circadiani quando il nostro metabolismo rallenta, senza entrare nella fase di stress postprandiale, approfittando di circa 8-9 ore di digiuno, evitando lo stress infiammatorio indotto dagli alimenti". Restrizione calorica alternata a un pasto abbondante di metà mattinata: la ‘lezione’ dei centenari abruzzesi, come la definisce il professor Serafini, potrebbe servire a migliorare sicuramente la vita dei concittadini attuali. La ricerca, di valore internazionale, che ha già solleticato l’interesse del gotha mondiale degli studiosi sull’invecchiamento, tra tutti la Harvard University statunitense, parte con tanta buona volontà ma zero risorse. Per questo l’appello del Rettore, Dino Mastrocola, alle forze locali, private e non, ad un’attenzione particolare verso questo studio, le cui implicazioni sotto il profilo socio-economico potrebbero costituire volano importante per il rilancio di questo territorio. C’è già chi sogna lo slogan: "Vieni a vivere in Abruzzo, dove si campa cent’anni".
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