TERAMO – Nuova udienza con itesti della pubblica accusa nel processo in Corte d’Assise a Teramo per il delitto della pittrice di origini teatine Renata Rapposelli, in cui sono co-imputati di omicidio volontario e occultamento di cadavere l’ex marito Giuseppe Santoleri e il figlio Simone. Dinanzi alla Corte presieduta dal giudice Flavio Conciatori, il pm Enrica Medori ha invitato a parlare i vicini di casa dei Santoleri, che vivono nell’abitazione di Giulianova dove la stessa Rapposelli era arrivata il giorno in cui poi si persero le sue tracce, il 9 ottobre, e la farmacista che si presentò ai carabinieri che indagavano sulla scomparsa sostenendo di averle venduto un farmaco nella sua farmacia di Tortoreto Lido, forse negli stessi giorni della scomparsa. La dottoressa ha confermato senza dubbi di ricordare di aver tenuto tra le mani la tessera sanitaria della pittrice e che quella che era di fronte era una donna "dall’aspetto trasandato, in difficoltà, in un evidente stato di ansia". L’accusa, anche attraverso questa testimonianza vuole rafforzare l’ipotesi accusatoria della presenza in zona della donna tra il 9 e il 10 ottobre 2017, quando poi scomparve. Il corpo fu ritrovato dopo circa un mese, sulla riva del fiume Chienti, a Tolentino, nelle campagne del Maceratese, portato fin lì, secondo le procure di Ancona e Teramo, per essere lasciato decomporre, dall’ex marito e dal figlio che l’avrebbero in precedenza soffocata. Il trasporto del cadavere sarebbe avvenuto a bordo della Seicento dei famigliari, che qualche giorno dopo la data presunta del viaggio nelle Marche, fu portata dal meccanico, a Giulianova per un guasto al cambio: "Quella rottura – ha detto oggi in aula l’artigiano giuliese che la riparò – potrebbe essere stata provocata anche da un colpo ricevuto su un percorso accidentato". Il processo riprenderà la prossima settimana.
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