L’assessore comunale chiede sostegni e iniziative: “Teatri e cinema trattati come cluster”
TERAMO – L’assessore comunale alla cultura di Teramo, Andrea Core, scrive al premier Giuseppe Conte, al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, al governatore Marco Marsilio e al neo assessore regionale Daniele D’Amario per rivolgere un appello accorato a rivolgere la propria attenzione al mondo della cultura e dello spettacolo.
La chiusura dei cinema e dei teatri secondo Core ha costituito un altro grande colpo proprio su quel settore che meglio di altri aveva dimostrato caratteristiche di resilienza e grande sacrifico, e che oggi viene quasi ritenuto focolaio in questa pandemia- Core chiede uno sforzo strutturale ai governi nazionale e regionale affinché non si pensi più a sostegni di fase emergenziale ma si consideri la cultura parte fondante dei bilanci; si organizzi subito un tavolo per fare scelte di sostegni immediati e equiparati alla difficoltà che le categorie stanno vivendo e magari si promuova la cultura attraverso il sistema di comunicazione e telecomunicazioni a tutti i livelli.
Ecco la lettera dell’assessore Core:
“La situazione epidemiologica che stiamo vivendo si fa ogni giorno più preoccupante, ancor più se si considera il vertiginoso ed esponenziale aumento quotidiano dei contagi.
Continuiamo a vivere un dramma che fino a qualche tempo fa era inimmaginabile per molti di noi, le cui conseguenze su un piano economico e sociale continueranno a lasciare strascichi negli anni a venire: del resto è tutto il mondo oggi a fare i conti con questa pandemia.
Certamente non esiste un’unica ricetta per affrontare al meglio questa crisi, tantomeno i correttivi che si sono messi in campo e si metteranno sul piatto nell’immediato futuro potranno colmare le lacune di anni di politiche scellerate, indirizzate al taglio del sistema di welfare, alla riduzione delle tutele dei lavoratori, a disinvestimenti e tagli a settori strategici come Sanità e Istruzione.
Eravamo gli ultimi in ogni indice europeo per spesa in questi ambiti, oggi il Covid mette in luce queste carenze e ci presenta un conto probabilmente ancor più salato perché non abbiamo le stesse condizioni di partenza di altri paesi che avevano una rete ed uno stato sociale evidentemente più pronto e più robusto del nostro: questo evidentemente significa che non possiamo fare le stesse valutazioni di altri Paesi, perché il “sistema Italia” non reggerebbe. Dobbiamo dirlo con chiarezza, altrimenti alcune scelte dell’oggi risulteranno sempre incomprensibili!
Allo stesso modo dobbiamo dimostrare di aver imparato la lezione, già con il prossimo Bilancio nazionale e regionale: non interventi emergenziali e stanziamenti straordinari ed emergenziali, ma investimenti strutturali sui famosi “asset” strategici per il rilancio del paese, ripartendo proprio dal pubblico. Possiamo dimostrare di aver imparato dal passato: non sprechiamo l’occasione!
Tuttavia non posso non rappresentarvi tutto lo stupore, per non utilizzare termini ancor più forti, nel vedere come ancora una volta tra i primi interventi vi sia la chiusura di attività culturali come Teatri, Cinema, Sale da concerto, e similari, come se questi luoghi (a mio avviso sacri) in questi mesi avessero rappresentato dei possibili focolai o spazi per assembrarsi.
In questo momento così complesso, che certamente sta condizionando anche la salute da un punto di vista psicologico, investire nella Cultura, in ogni sua forma significa investire nella possibilità di evasione da una quotidianità che opprime, sconforta, soffoca tutti noi. Ascoltare un concerto, assistere ad un’opera teatrale, andare a vedere un film significa poter sognare, rompere le catene, uscire non solo fisicamente dalle mura di casa e del quotidiano. Ne abbiamo un tremendo bisogno!
Associazioni, produzioni, società del mondo della Cultura, così come tutte le maestranze, sono stati encomiabili per quanto riguarda il comportamento, la compostezza e la capacità di resilienza ed adattamento, non solo nella fase del primo lockdown, ma anche per quanto riguarda l’adeguamento nella fase 2 dell’emergenza, con i protocolli per le riaperture.
Non possiamo chiedere ancora una volta a loro il sacrificio più grande, non possiamo ancora una volta iniziare un percorso di chiusura da loro. Quando e se sarà necessario intervenire in maniera drastica in tutto il paese, solo allora, potremo legittimamente chiedere anche al mondo della Cultura di fermarsi. Ribaltiamo la triste e sballata retorica per la quale “di cultura non si vive, non si mangia”, perché oggi faremmo un danno non solo agli operatori per i quali rappresenta un lavoro ed una fonte di reddito, ma rappresenterebbe un vulnus per un Paese incapace di sperare.
Vi prego di intendere queste poche righe non come un messaggio populista, ma come un accorato appello. Riapriamo questi luoghi, fosse pure con orari rivisti! Se tutto questo non fosse possibile, convocate immediatamente un tavolo di lavoro con tutto il mondo delle Comunicazioni e delle Televisioni: le parole del Ministro Franceschini non possono restare un semplice appello, trasformiamole in un indirizzo politico, una scelta, un fatto. Riscriviamo i palinsesti televisivi, coinvolgiamo il mondo del web, riempiamo le nostre giornate di eventi culturali, seppur da remoto: così daremmo ossigeno a tutto l’indotto e soprattutto una prospettiva diversa all’Italia. Quegli stessi luoghi, seppur in forme diverse, continuerebbero a vivere e ad essere fabbriche di idee.
Allo stesso modo, lo avevamo chiesto come Assessori Comunali da tutta Italia, lanciando un appello per grosse parti inascoltato, non lasciamo soli le lavoratrici e i lavoratori, le cooperative, le società, le associazioni, le produzioni che operano in questo settore. Interventi straordinari in tempi brevi e quello di cui hanno bisogno: ognuno di loro che si ferma, ognuno di loro che chiude rappresenta un alito di vento sulla fiammella della speranza e della rinascita.
Se si ferma la Cultura si ferma l’Italia: non ce lo possiamo permettere!
Noi a Teramo proveremo a fare la nostra parte, andando esattamente in questa direzione, coinvolgendo tutto il tessuto culturale e il mondo delle telecomunicazioni: magari non fossimo soli!”