La successione a Navarra. Il presidente degli Usi Civici Teramani invoca un cambio di rotta: “Meno veti, più condivisione”
TERAMO – In un momento di scarso appeal della politica, su tutti i fronti, visto anche l’astensionismo con cui gli italiani rispondono alle urne, sarebbe il caso di tenere un profilo basso: eppure, come sempre, una ‘poltrona’ fa gola e allora la caccia alla nomina torna a farsi insistente. Quella attualmente in ballo è la presidenza del Parco Gran Sasso Monti della Laga. Per la successione all’avvocato Tommaso Navarra, nominato dall’allora governatore Luciano D’Alfonso nel giugno del 2016, scaduto lo scorso anno di questi tempi ma prorogato a causa del Covid fino a pochi giorni fa, il piatto del totonomina propone tre candidature e… mezza: secondo il quotidiano online Abruzzoweb, sempre bene informato sulle vicenda aquilane, in corsa ci sono l’avvocato Francesco Carli, ex presidente del collegio dei liquidatori di Abruzzo Engineering ed ex assessore della giunta di centrodestra del sindaco Biagio Tempesta, indipendente che non dispiace alla Lega, che però avrebbe indicato Giorgio Fioravanti, segretario cittadino all’Aquila del Carroccio, candidato non eletto all’ultima elezione comunale. Un outisider, anche se non tanto, potrebbe essere il maestro di sci Luigi Faccia, eletto consigliere con i Civici e indipendenti per Biondi sindaco e in corsa anche per un assessorato. Tra gli aquilani potrebbe infilarsi un teramano: voci insistenti darebbero per candidato su quest’altro versante l’avvocato Lucio Del Paggio, che giù fu indicato quale candidato sindaco (poi non confermato) nel gioco delle proposte anti-D’Alberto prima dell’indicazione definitiva a competitor di Giandonato Morra.
Ma chi vive o ha interessi nel Parco che ne pensa? Spesso e volentieri non ha potuto decidere, ma soltanto ‘subire’ non solo le nomine quanto anche le decisioni che spesso hanno limitato e recintato le necessità, non coincidenti con la politica, dei residenti e degli operatori. Stavolta, a provare a mettere le mani avanti, ci pensa però il presidente degli Usi Civici Teramani, Paride Tudisco, rappresentante del territorio montano che ogni giorno si misura con il Parco. Tudisco, alla vigilia della nomina del nuovo presidente, invoca “un segnale di discontinuità con il passato…“, la convergenza “su un nome di alto profilo tecnico, profondo conoscitore del territorio e delle sue necessità“, che “dovrà risolvere problemi estremamente importanti, come i divieti comunitari instaurati non proprio in maniera ortodossa delle zone SIC (Siti di Importanza Comunitaria ) e ZPS (Zona di Protezione Speciale), un regolamento del Parco condiviso con tutti i portatori di interesse“.
Proprio la mancata approvazione di un regolamento, lo stesso che nel 1995 avrebbe dovuto essere temporaneo, secondo Tudisco è la dimostrazione della “blanda collaborazione tra i comuni, gli usi civici e l’ente Parco“.
Non bisogna distogliere l’attenzione, sostiene il presidente degli Usi Civici Teramani, dallo “scollamento, la diffidenza, fino ad arrivare all’indifferenza, perpetrati nel tempo, tra chi vive questi luoghi di montagna e l’ente Parco Gran Sasso monti della laga. Da troppo tempo il territorio viene vilipeso da una governance inadeguata ed approssimativa, orientata più al mantenimento di posizioni che al bene del territorio e delle popolazioni che vi risiedono. Le amministrazioni separate dei beni di uso civico sono espressione di popolazioni che tenacemente resistono sul territorio e che hanno ben chiaro come la presidenza di un ente Parco dovrebbe essere affidata, come primo requisito, ad una personalità di alto profilo e super partes“.
Non la provenienza da una provincia o l’altra, per Tudisco, a dover determinare la scelta di un buon presidente, quanto anche “specifiche competenze nelle materie che sono oggetto dell’azione dell’ente Parco, e dunque nella normativa sulla protezione dell’ambiente e sulle aree protette, sulle foreste, sugli usi civici, che interessano la gran parte delle aree di maggior pregio comprese nel perimetro dell’area protetta”, che ne conosca “le unicità, cioè frequenti la montagna conoscendone le potenzialità, i valori naturalistici, le possibilità di sviluppo anche turistico, ma anche e soprattutto la gente che risiede nelle terre alte, con la sua economia, con la voglia di rimanere nonostante tutto“.
Un presidente che sappia coniugare cioè “una visione delle prospettive di tutela delle specie e degli habitat presenti nel parco e un piano per lo sviluppo complessivo del territorio del Parco“, mettendo fine a quell’atteggiamento che spesso si è tradotto “in veti, divieti, negazioni e imposizioni, fino ad arrivare a vere paralisi in alcuni periodi dell’ormai ultra decennale vita del Parco” e che ha portato allo spopolamento di queste zone.