Il sindaco saluta il suo amico Massimo: “Alle generazioni future trasmettiamo il suo entusiasmo contagioso”. La mamma Teresa: “Era suo padre Rolando e viveva per la politica al servizio della gente”
TERAMO – La proposta di rilegare la prima edizione dello statuto comunale, di cui andava orgoglioso, e di donarla alla famiglia, arriva dal sindaco Gianguido D’Alberto nel corso del suo intervento conclusivo del Consiglio che ha ricordato il capogruppo del Pd scomparso sabato scorso a 40 anni. “E’ uno dei momenti, altissimi, che a lui dedicheremo – ha detto il primo cittadino – perché Massimo andrà ricordato come merita. Di quello statuto, l’insieme delle regole che reggono il lavoro istituzionale di questo comune, forse non si è percepita fino in fondo l’importanza. Esso porta una firma prima di tutte le altre, quella di Massimo Speca. E’ stato il suo dono, uno spartiacque, ne era orgoglioso da cultore del diritto amministrativo e da figlio di Rolando Speca . E poi la trasformazione della Teramo Ambiente in società in house e tante altri progetti e programmi di cui era promotore e attore protagonista dietro le quinte”:
“La sua vera forza era l’entusiasmo, che attraversava tutte le attività che lui compiva, con professionalità riconosciuta da tutti e con una contagiosità senza precedenti. Questo entusiasmo contagioso dobbiamo coltivare – ha detto D’Alberto – perché è un esempio per la nostra generazione, che ha smesso fino in fondo di credere, di impegnarsi per il bene collettivo. Perché non conviene impegnarsi in un agone che non riconosce il valore di ogni persona, il suo portato, l’esperienza. E’ un modello ed un esempio, ma deve esserli questa generazione e le future devono mettersi in gioco, con la preparazione e la professionalità. Solo così il pensiero di Massimo verrà spostato in avanti, dove lui già viveva“.
“Da Memmingen ho detto che il vuoto è incolmabile, soprattutto quello che lasciano le persone come lui che non occupano gli spazi ma che quando vengono meno fanno mancare gli appoggi e la sicurezza. Dobbiamo imparare a scavare questo vuoto perché sotto c’è un tesoro di progetti, di idee, di visione, la capacità di andare oltre il momento, oltre la delibera, oltre il territorio: Teramo città capoluogo, capacità di andare oltre i confini del territorio con il dialogo, con un rapporto istituzionale costante e il riconoscimento che arriva da tutti è la conferma che lui andava oltre i nostri confini, in un percorso così breve ma dirompente. Il sorriso di Massimo dobbiamo portarlo nel nostro cuore. Non solo quello dell’amico con cui scherziamo, scherzavano, ma anche il sorriso sereno di Massimo uomo delle istituzioni, quello anche nei momento più difficile e più tesi, quello che appartiene solo agli uomini in pace con la loro coscienza: perché qualsiasi scelta o decisione venisse assunta, Massimo lo faceva per la comunità e per l’interesse pubblico. Lo terremo nei nostri cuori e in questa aula, tenendo per mano Alessia, Alessandro e Beatrice ricordando di come dovranno sempre essere profondamente orgogliosi del nostro Massimo Speca“.
Toccanti le parole di mamma Teresa, che è stata chiamata a un ricordo del figlio defunto: “Aveva un carattere riflessivo, Massimo era come il padre Rolando, dal quale aveva ripreso tutte le caratteristiche migliori – ha detto la signora Teresa -. Massimo aveva con me un rapporto dialettico sulle questioni della storia politica, anche se non mi parlava di quello che faceva qui o che voleva fare, era filosofo del concetto della politica, intesa come servizio nei confronti dei cittadini. E’ vero, esistono una maggioranza e una opposizione. Ma non deve esserci appiattimento tra di esse ma una collaborazione perché, ricordate: dietro di voi ci sono i cittadini, e loro credono in voi e non ai vostri capricci, alle prese di posizione. La dialettica, parlare, colloquiare, questo sì. Massimo saliva da me al quarto piano, mi parlava dei suoi figli che io adoro, e poi diceva ‘Mamma che dici?, mi metto in politica’: mio figlio è stato bravo, lo ha fatto dopo la morte del padre anche se lo pensava da prima. Sono distrutta. Ero io che dovevo morire, non lui…“